L’imprenditore: i nostri farmaci sono complementari a quelli allopatici. «L’importante è scegliere un medico bravo che sappia decidere quali usare». Il commento a pochi giorni dalla morte del bimbo morto di otite nelle Marche e curato con l’omeopatia.
Quand’è l’ultima volta che ha preso un antibiotico?
«L’anno scorso, dopo l’estrazione di un dente del giudizio».
E l’ultima che ha preso un’aspirina?
«Stamattina. La cardioaspirina la prendo tutti i giorni».
Christian Boiron è direttore generale del Gruppo Boiron, leader mondiale dei farmaci omeopatici, quasi quattromila dipendenti (di cui duecento in Italia) e un fatturato di 610 milioni di euro. Figlio di Jean, che assieme al fratello gemello Henri ha fondato la multinazionale francese, ha cinque figli e sette nipoti.
Ha mai dato loro gli antibiotici?
Ride. «Certo, sono un farmacista. E ho scelto ogni volta la cura migliore per loro, come qualunque papà e nonno. Anche mia madre e mio padre erano farmacisti, da piccolo sono stato curato in modi diversi. Casa nostra era frequentata da medici tradizionali e medici omeopati. La cosa davvero importante è proprio questa: scegliere un buon medico, perché è suo il compito di fare la diagnosi giusta e dare la cura più adatta».
Nel caso di Francesco, il bambino di quasi 7 anni morto nelle Marche per una otite bilaterale, adesso tutti puntano il dito contro l’omeopatia.
«Non so se nel caso specifico la questione sia la diagnosi o il trattamento, se il problema sia il medico o i genitori che non lo hanno portato subito all’ospedale. Certo è che se una persona muore dopo aver preso un farmaco allopatico, nessuno dà la colpa alla cura. E purtroppo nel mondo ogni anno muoiono due milioni di persone per questo, nessuno dice niente».
Il suo parere, però, non è disinteressato. Negli Stati Uniti avete patteggiato cinque milioni di dollari dopo una class action.
«Purtroppo in America si fa causa come si respira. E comunque due ricorsi li abbiamo vinti».
Silvio Garattini, direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche «Mario Negri», due anni fa ha curato un libro dal titolo «Acqua fresca», alludendo ai benefici dell’omeopatia.
«L’ho anche sentito, dopo, Garattini. Ha messo insieme tutte le false posizioni in materia per parlarne male, dimenticandosi che l’omeopatia è prima di tutto il frutto della ricerca farmacologica».
Esistono cose per le quali è meglio utilizzare l’omeopatia e altre per le quali è meglio evitarla?
«Esistono anzitutto le persone, che reagiscono tutte in modo diverso. È chiaro che per certe sintomatologie non gravi e frequenti preferisco raccomandare un farmaco omeopatico. Soprattutto con i bambini vedo che si tende a esagerare con gli antibiotici, anche quando non sarebbero necessari. Ma il punto è la sinergia».
Mi faccia un esempio.
«Per cinquant’anni abbiamo prodotto il Cephyl, un farmaco che aveva il principio attivo dell’aspirina più altre componenti omeopatiche. Poi l’Agenzia del farmaco francese ci ha chiesto di fare una scelta netta, o un componente o un altro. E così lo abbiamo ritirato. Ecco, secondo me non dovrebbe esserci una contrapposizione tra i due tipi di farmaco. L’integrazione può essere preziosa, come già avviene nella cura del cancro».
Non vorrà dire che il tumore si può curare con l’omeopatia?
«No, assolutamente. Ma ci sono dei casi in cui il paziente ha problemi di tolleranza rispetto a certe cure, come la radioterapia, e i farmaci omeopatici lo possono aiutare a sopportarle. Sempre più spesso i medici stanno scegliendo di integrare la terapia convenzionale con la terapia omeopatica. L’obiettivo è comune: far guarire il malato e alleviargli le sofferenze».
Quale pensa che sia il limite dell’omeopatia?
«È difficile rispondere. Potrei chiederle quali sono i limiti dell’allopatia».
Beh, le controindicazioni. Il fatto che certi farmaci si smaltiscano con fatica e siano tossici.
«Il problema dell’omeopatia è che da 200 anni non ha smesso di evolversi. Cento anni fa i medici omeopatici pensavano di poter trattare tutto con l’omeopatia. Questo non è possibile, così come non si può curare qualsiasi malattia con gli antibiotici».
Ritorniamo al punto di partenza. Il medico è cruciale.
«Dobbiamo considerare l’omeopatia come una specializzazione che dà strumenti in più per inquadrare e curare le malattie. In sinergia».